Crampi, dolori e gonfiori addominali da non sottovalutare

“Sono tra i sintomi della disbiosi intestinale”, dice l’esperta Dr.ssa Cimpeanu

“e si possono guarire con i rimedi naturali”.

Gli italiani che soffrono di disturbi intestinali (mal di pancia, stipsi ostinata, gonfiori, diarrea) sono circa 8
milioni, ma solo il 30% tra loro si rivolge al medico. Anziché considerare questi problemi dei campanelli
d’allarme, più frequentemente li sottovalutiamo considerandoli banali e senza conseguenze.
È davvero così?
Ce ne parla la Dr.ssa Daniela Cimpeanu, esperta in benessere e prevenzione dei disturbi gastrointestinali,
Doctor of science in Naturopathy Major Dietology e Nutrizione.
Quando dovremmo iniziare a preoccuparci del “banale” mal di pancia?
Sicuramente quando ci accompagna per lungo tempo o diventa frequente. Una considerazione valida anche
per stipsi o diarrea. Il messaggio di cui sono portatori questi disturbi è molto importante e ci parla del
benessere dell’intera persona. La superficie intestinale è di oltre 300 metri quadri ed è un’interfaccia
importante tra l’esterno e l’interno del nostro organismo, assolvendo un’importante funzione di barriera.
Una flora batterica funzionale è indice di un organismo sano. Tali microorganismi infatti, non solo
costituiscono la prima barriera verso le infezioni, ma hanno anche altre funzioni atte a mantenere il buono
stato di salute.
Mal di pancia, stipsi e diarrea sono disturbi diversi tra loro, ma possono essere ricondotti a un’unica
patologia?
In termini medici si parla di disbiosi, ovvero l’insieme dei disturbi gastroenterici che possono anche
evolvere in problemi in grado di coinvolgere organi o apparati distanti dal colon. Questi fastidi all’intestino,
definiti “disbiosi intestinale” creano infatti diversi inconvenienti spiacevoli come: stitichezza, gonfiore
addominale, meteorismo, diarrea, problemi digestivi, presenza di muco nelle feci, alitosi, dolori addominali,
stanchezza cronica, ridotto assorbimento delle sostanze nutritive. E la loro diffusione attualmente è tale da
rappresentare un vero problema sociale.
Perché l’equilibrio intestinale si altera?
I motivi sono svariati, ma le principali cause della disbiosi sono dovute ad un uso improprio di lassativi,
cattiva alimentazione, cibi contaminati da fertilizzanti, conservanti, intolleranze alimentari, abuso di lieviti e
farine bianche raffinate, farmaci, inibitori dell’ovulazione. Con la disbiosi di tipo “fermentativo”, favorita
dall’eccesso di dolci e carboidrati, abbiamo un’eccessiva crescita batterica e micotica (candida albicans
intestinale). Ovviamente, si tratta di un processo indesiderato, in quanto questi microrganismi generano
tossine, veleni e malattie morbigene nocive ai tessuti interni. Tali microrganismi non sono destinati ad
abitare il corpo umano, mentre quelli veramente importanti e benefici per la salute non possono vivere in
un ambiente sporco, intossicato, acido e costipato. le persone affette da disbiosi e candida possono subire
nell’intestino dei processi di “fermentazione sporca”, trasformando i carboidrati in alcol, diventando
intolleranti ad esso e producendo alcol metilico, amilico e isoamilico: questi ultimi svolgono azione
patogena non solo a livello intestinale, ma soprattutto nel fegato, producendo innalzamento delle
transaminasi e steatosi epatica, come negli alcolisti, con cui vengono spesso scambiati. La voglia di zuccheri
alla fine di un pasto potrebbe essere un segnale di “protesta” proprio da parte della candida che richiede il

suo nutrimento. Riconosciamo la disbiosi di tipo fermentativo da disturbi come prurito anale, feci dalla
consistenza molle e senza forma, sino alla diarrea franca, stipsi ostinata, liberazione di gas, emorroidi,
orticaria, cistiti ricorrenti abatteriche. La disbiosi putrefattiva potrebbe invece avere origine in un consumo
smodato di proteine animali. Alito cattivo, gonfiore addominale, colite e diarrea sono alcuni dei suoi
sintomi. Più in generale, possiamo dire che se la flora batterica non è riportata nelle sue condizioni ottimali,
si instaura una condizione cronica di malnutrizione cellulare; le tossine non vengono più eliminate e si
accumulano sia nei tessuti che nelle cellule. Il sangue non può più trasportare le sostanze necessarie per la
salute organica e il corpo si ammala, proponendo innumerevoli manifestazioni patologiche, più o meno
gravi, dovute alla disbiosi intestinale.
In che modo possiamo intervenire?
Come sempre il trattamento effettivo dipende dalle cause della disbiosi, dal quadro complessivo, dalla
persona e dalla situazione del momento. Il trattamento segue il decorso dei disturbi: il principale intervento
consiste nell’eliminazione della disbiosi intestinale fermentativa – putrefattiva mediante la pulizia
intestinale necessaria per eliminare i residui intestinali e la flora batterica patogena. Contestualmente,
avviene la valutazione dei cibi intolleranti che favoriscono l’infiammazione della mucosa intestinale, per poi
proseguire con il ripristino del ph e della flora batterica. Particolarmente utile è la disintossicazione e
l’eliminazione delle tossine: per mantenere sangue e linfa puliti, il corpo è dotato di organi definiti
“emuntori“ – intestino, fegato, reni – che hanno il compito di espellere le scorie. Ma a volte l’organismo non
riesce a smaltire un eccessivo accumulo di tossine e si verifica una condizione di intossicazione che
compromette la salute e il benessere psicofisico, rendendo più vulnerabili a malattie e disturbi. Risulta
quindi essenziale, per aiutare l’organismo a liberarsi dalle sostanze nocive, intervenire con la fitoterapia,
che svolge un ruolo importantissimo nel coadiuvare le fisiologiche funzioni degli organi emuntori. Inoltre, è
molto importante seguire un’alimentazione adeguata. Vanno in genere eliminati lieviti, farine raffinate,
pizza, zuccheri, preferendo le farine integrali di farro, kamut e grandi quantità di verdure, poiché
contengono molte fibre e sono relativamente povere di carboidrati.
Una regola da tenere sempre presente?
Se l’intestino funziona male crea un disequilibrio che colpisce tutti i settori del nostro corpo. Per questo è
fondamentale saperlo “ascoltare” e non sottovalutare i segnali che ci manda.